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Racconti dal carcere

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
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Oradea
di Viorel Daniel Talos

«Timisoara è una città universitaria sita sul fiume Bega. È sede del castello Hunyadi del Quattordicesimo secolo e di una cattedrale greco-ortodossa. Una bellissima città di circa trecentomila abitanti». Si incominciavano a vedere le prime case. «Fra poco arriveremo. Non allontanatevi dal gruppo perché vi perdereste. C’è tanta gente, perciò dovremo restare uniti» raccomandò la prof
«Non vedo l’ora di visitare la cattedrale» mormorò Giulia.
«Spero che tu riesca ad arrivarci. Con tutta questa folla sarà sicuramente molto difficile muoversi e raggiungerla» osservai, guardando la marea di gente che invadeva in piazza.
«Anche se dovrò metterci tutto il giorno, la cattedrale la voglio vedere a ogni costo» ribatté, con una determinazione di ferro. Scoprivo con sorpresa un lato insospettabile del suo carattere. Quella ragazza mi piaceva sempre di più.
(…)
C’erano persone vestite di tutti i colori possibili. Formavano un immenso arcobaleno. Molti tenevano la fotografia del presidente sopra la testa. C’erano tricolori di tutte le dimensioni, dal più piccolo al più grande, che sventolavano nell’alitare del vento.
Raggiunsi Giulia e ci dirigemmo insieme verso quella moltitudine informe, sperando che ci lasciassero passare. La cattedrale si trovava in fondo alla piazza, alla nostra destra.
Il vociare era a dir poco ipnotizzante.
«Passiamo vicino al muro. Penso che sia più facile» propose Giulia.
«Non lo so. Mi sembra che le persone siano molto agitate. Sarà successo qualcosa» osservai, mentre cercavo di individuare un possibile varco che ci permettesse di guadagnare un po’ di spazio in direzione della cattedrale. Fu allora che vidi i camion dell’esercito con i soldati che scendevano schierandosi intorno alla folla e all’imboccatura delle uscite dalla piazza. (…)
Eravamo restati circa cinque minuti all’interno della cattedrale. Fuori la situazione era diventata assai diversa. La gente gridava. Gridava che ne aveva abbastanza del partito comunista e del presidente. Non riuscivo a credere a quello che sentivo. Molti, per meno di questo, erano stati mandati nei campi di lavoro, sia al canale Danubio-Mar Nero, un canale artificiale che era stato costruito in quel periodo, sia alla Casa del Popolo, il secondo edificio al mondo in ordine di grandezza dopo il Pentagono. E non si era più saputo nulla di loro. Pensai subito che quella storia non sarebbe finita bene.
(…)
La gente non la smetteva di agitarsi e protestare, per nulla intimorita dalle minacce. Lo sventolio delle bandiere col buco divenne sempre più frenetico. Continuavano a gridare: «Giù il comunismo!... Giù il presidente!... Giù il partito comunista!... Viva la libertà!».
Un ufficiale dell’esercito e uno della polizia presero posizione davanti ai microfoni e dissero quasi all’unisono: «Vi ordiniamo di smettere con i disordini. Alcuni di voi saranno tratti in arresto. Seguite alla lettera le istruzioni che vi daremo...». Dissero anche qualcosa d’altro che però non sì udì perché la folla era esplosa, raccogliendo sassi e tirandoli addosso agli ufficiali. Per difendersi i due si allontanarono dai microfoni, rifugiandosi nell’edificio.
L’intera piazza era ormai una babele. Tutti urlavano a squarciagola.
Guardai verso le uscite e vidi che i soldati serravano le file coi fucili imbracciati. Gli ufficiali parlavano nelle ricetrasmittenti, sicuramente ricevendo ordini. Afferrai per mano Giulia e provai ad allontanarla dalla piazza e da tutto quel casino.
«Lasciami protestare. Non vedi che tutti lo fanno?» si ribellò agitandosi ancora di più. Non seppi che fare e le rimasi vicino.
Fu un attimo. Con un crepitio assordante i soldati aprirono il fuoco. Non mi resi subito conto di quello che succedeva perché non avevo mai sentito sparare prima. Capii solo che c’era qualcosa di nuovo perché la gente iniziò chi a buttarsi a terra, chi a scappare, chi a gridare.
Mi girai verso Giulia e vidi che anche lei era scioccata quanto me. Non capiva. Guardai ancora verso i margini della piazza e vidi che i soldati avanzavano verso il centro sparando alla gente.

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