SIAMO NOI, SIAMO IN TANTI
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
Rai Eri Viale Mazzini, 14 - 00195 Roma / Tutti i diritti riservati

Condanna a vita
di Roberto Cannavò

………………………………………. È vero che c’era mio nonno a occuparsi di me, ma aveva il suo carattere, era molto duro, qui si parla di un uomo d’altri tempi.
Riconosco che mi voleva un sacco bene, ma pretendeva molto.……………………............
Mi segnò un episodio. Un giorno, mentre mi trovavo in piazza col nonno, si avvicinò un suo amico col figlio, e a nostra insaputa (mia e dell’altro bimbo) fecero una scommessa di chi fosse il più forte tra noi due.
Premesso che io ero inoffensivo, e in più quel bambino era un bel po’ più alto di me, di qualche anno più grande, e forse anche più allenato nelle liti, nello scontro ebbi la peggio. Mi misi a piangere e scappai a casa cercando conforto tra le braccia di mia nonna, non calcolando cosa sarebbe successo al rientro del nonno. Infatti, appena tornò, mi sculacciò sul sedere per avergli fatto fare brutta figura in piazza col suo amico e d’aver portato botte a casa!
L’ignoranza, purtroppo, faceva da padrona, tanto che l’indomani mi comprò un coltellino e mi disse che avrei dovuto prendermi la rivincita con quel bambino anche a costo di usare quel coltello.
Andammo in piazza. Camminavo insieme a lui, ma avevo paura, ero spaventato, sia perché dovevo affrontare quel bambino, e perché pensavo alla reazione del nonno in caso di un’ulteriore sconfitta. Sapevo già a priori che con le mani non ce l’avrei mai fatta, così appena lui si avvicinò con suo padre e lo ebbi a tiro, gli conficcai il coltello in un occhio e contemporaneamente mio nonno picchiò quel suo “amico”.
Questo successe quando io avevo 9 anni.
……………………………………
L’impatto col carcere fu traumatico. Eravamo 16-18 persone in una piccola cella, era la mia prima volta, ero il più giovane di tutti, avevo solo diciotto anni. ……………………………………
Fui condannato alla pena di 3 anni e 6 mesi per rapina. ……………………………….
Nell’aprile del 1986, in seguito ad uno sfollamento, fui trasferito nel carcere di Termini Imerese (Palermo), fatto costruire molti anni prima dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per i terroristi. Arrivai in questo istituto in pigiama, perché quella notte partimmo più di 200 persone in seguito alle dichiarazioni in contemporanea del pentito Buscetta, e di Salvatore Parisi, detto Turinella.
……………………………………
Era in corso la celebrazione del maxi processo di Palermo, quindi il carcere era colmo di persone imputate in questo procedimento (molti sono conosciuti a livello nazionale e sono sia Palermitani che Catanesi), insomma mi avevano portato nella tana dei lupi.
……………………………………
Il mondo mafia-malavita mi affascinava sia per il modo di relazionarsi al suo interno, usando quel falso rispetto e quelle false parole di saggi consigli, insieme a quella disponibilità non dettata dal cuore ma dall’interesse che diveniva sudditanza psicologica.
Si cresce, e si cresce in fretta in questa scuola dell’orrore, e chi non apprende o stenta a crescere, muore. A differenza della vita quotidiana fuori, dove gli sbagli servono a migliorarsi, qui non ti puoi permettere di fare errori perché il replay non esiste, al 99 per cento si trova la morte! ……………................................
Mi accostai a queste persone e il mio cosiddetto “avvicinamento” si concretizzò dopo la scarcerazione. Nel frattempo nacque Sonia, mia figlia. Purtroppo, essendo detenuto, non la vidi nascere e lo stesso accadde con Luana.
Nel 1991 scoppiò una sanguinosa guerra di mafia a Catania, di quelle mai viste, e qui ne fui partecipe fino al febbraio del ’93, data del mio ennesimo arresto.
………………………………………
Di fatto sono diventato un pluri ergastolano.
………………………………………
In questi 19 anni di galera, ho cominciato a prendere coscienza e consapevolezza a seguito di una profonda riflessione su tutta la mia vita, e sono giunto alla conclusione che dovevo allontanarmi dalla Sicilia.
…………………………………..Decisi di presentare istanza di trasferimento in Lombardia, poiché mia madre dal 1989 si era stabilita a Milano insieme agli zii materni.
……………………………………….. nell’ottobre del 2005, mi arrivò il definitivo dell’ergastolo, anzi erano diversi ergastoli che, cumulati, si trasformarono in ergastolo aumentato dall’ex art. 72 del codice penale, con pena aggiuntiva di anni 2 d’isolamento diurno, che consisteva nell’essere esonerato da tutti i corsi, lavori, compagnia detentiva, sport in comune, ecc. Insomma, isolato da tutto e da tutti.
Avevo solo un’ora d’aria la mattina e un’ora al pomeriggio, ovviamente sempre da solo. Il resto del tempo ero chiuso in cella. Però avevo la tv, la radiolina e tutto il necessario per poter scrivere, leggere e cucinare.
…………………………………………
La prima grande botta la presi nel marzo del 2006, quando durante un colloquio mia figlia Sonia, 20 anni, mi chiese per quale motivo eravamo noi soli nella sala colloqui, e quando sarei uscito di prigione.
Le risposi con la massima sincerità………………………
Lei rimase basita e non disse più una parola. Finì il colloquio e da quel giorno non l’ho mai più vista, né sentita…………………………………

Promotori

medaglia del presidente della repubblica

sponsor tecnici