SIAMO NOI, SIAMO IN TANTI
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera
In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
Rai Eri Viale Mazzini, 14 - 00195 Roma / Tutti i diritti riservati
Il primo giorno
di Salvatore Saitto
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“Buon giorno, signora, Salvatore è in casa?”.
“No, già è uscito” risponde mia madre.
“Possiamo dare una occhiata?”.
“Se volete… però è inutile”.
I tre poliziotti mi trovano nudo, pieno di schiuma, nascosto dalla porta del bagno. Sanno con chi hanno a che fare,
sono gentili, mi invitano a vestirmi e a seguirli.
Mentre preparo la borsa, guardano ammirati i miei computer, s’interessano dei crack che servono per scaricare
illegalmente ogni sorta di enciclopedia e tutto ciò che esiste di più costoso. “Ma come Saitto, con questa testa che
hai, non riesci a farlo onestamente?” esclama l’ispettore.
Non dimenticherò mai gli occhi spauriti di mia madre seduta a quel tavolo tondo della cucina.
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Poggioreale non è un carcere come gli altri, le attese sono lunghissime. Sali, scendi, aspetti, ti spogli, abbassi gli
slip, ti accovacci, ti snervi!
I vestiti e tutte le tue cose non sono più nella tua borsa, ma in un grande sacco dell’immondizia. Ti danno la
fornitura, ti fanno le analisi, vai dal comandante facendo attenzione a tenere tre passi a distanza dalla scrivania
con le mani dietro la schiena. Altrimenti…
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Una sera di settembre, con il caldo che prendeva alla gola, la chiave girò rumorosamente nella serratura e nella
cella si presentò Stefano, smilzo, frastornato, altezza media, circa quanto me, e soprattutto diciotto anni appena
compiuti. Cosa ci faceva nel padiglione nostro? Tutti pluripregiudicati, vecchie volpi delle carceri, però quasi
tutti padri. Che tenerezza faceva quel dinoccolato Stefano, nato in una famiglia borghese della Napoli quasi
bene. ……………………………………… La prima notte lo ascoltai piangere. Il giorno dopo lo vidi depresso sulla branda, la seconda
notte, prima di addormentarci, lo avvicinai e gli chiesi se avesse voluto parlare, sfogarsi un po’ con me, ma
rispose: “Grazie zio compagno, ho sonno, ho voglia di dormire”. In piena notte, l’indiano che dormiva sotto di lui
avvertì uno strappo.
Stefano, con un paio di lacci sfilati dalle sue Converse da ginnastica, si era lanciato dalla sua branda del terzo
piano.
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IL GRUPPO A.M.A (Auto mutuo aiuto)
Carissimi amici miei.
Quando di buon mattino apriamo gli occhi e i nostri sogni s’infrangono sul bianco giallastro di un blindato,
stringiamo i denti, andiamo avanti. ………………………………
Manolo, ci servono il tuo sorriso e i tuoi muscoli. Alberto, il tuo carattere da guerrigliero e il tuo ghigno.
Giovanni, che ridi poco e parli ancor meno, non dimenticherò mai quella sera della vigilia di Natale quando, per
difendermi da un’offesa ingiusta, attaccasti come una tigre offesa mettendo a rischio il tuo percorso. …………………
Roberto, la sensibilità, l’altero orgoglio, il grande amore verso la memoria del tuo grande padre, Peppe da Messina,
la tua chiarezza, il tuo coraggio nell’affrontare situazioni anche più grandi di te. Gino, i tuoi diciotto anni,
l’incoscienza, la sicurezza di avere al proprio fianco una testa di cavolo di cui puoi fidarti. E io, il vostro
compagno, amico, fedelissimo.
Forse, scontata la pena, non avremo più la possibilità di rivederci, ma io credo fermamente che il buon Dio ci
accoglierà se non proprio vicino a lui almeno in un luogo dove ci potrà ben controllare…………………