SIAMO NOI, SIAMO IN TANTI
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera
In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
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Io non sono un mostro
di Julian Dosti
La storia che sto per raccontarvi è la mia, il mio nome è Julian e provengo da una piccola città
dell’Albania. ………………………………………………… I miei genitori, anche se hanno faticato molto per farci crescere, sono riusciti a
farci studiare e a trasmetterci dei valori come l’onestà, il lavoro, il rispetto per il prossimo. Anch’io per grande
parte della mia vita ho seguito questi insegnamenti…………………………………………………….
Un giorno conobbi gente nuova che senza tanta fatica viveva molto meglio di me, che lavoravo da mattina a sera e non
riuscivo neanche a pagare l’affitto tutti i mesi. Rimasi affascinato dal loro mondo, dalle macchine che avevano, dai
soldi che riuscivano a guadagnare restando tutto il giorno al bar, così da onesto lavoratore diventai uno
spacciatore…………………...................................... In un baleno ero diventato qualcuno che
conta………………………………………………………………………
Ho continuato con questa vita che mi faceva sentire un leone fino al 25 maggio, il giorno che ha dato inizio al mio
incubo. Durante la mia carcerazione avevo conosciuto molte persone, e una di queste era Astrit…………………………………………
A metà luglio mi arrivò una telefonata, la voce di un uomo mi disse: “Tu non mi conosci e non ce n’è bisogno, perché
ti conosco io. Abbiamo avuto un piccolo contrattempo e ci serve una mano per risolvere una cosa, non te ne
pentirai”………………………………. Andai all’appuntamento e il tizio che mi aspettava mi spiegò che un’altra persona ancora
sarebbe arrivata con una valigia con 20 chili di eroina che avrei dovuto custodire per una settimana, e alla
riconsegna mi avrebbe dato 20 mila euro………………………………….
Il giorno dopo mi recai alla stazione metropolitana di viale Zara e dopo 10 minuti si avvicina un ragazzo che mi
consegna la valigia e sparisce subito……………………Non riuscivo a restare tranquillo. Non si trattava più di quei pochi
grammi che ero abituato a trattare, ma di 20 chili di eroina, e se fosse successo qualcosa a quella roba io sarei
sicuramente morto, ma anche la mia famiglia sarebbe finita nei guai…………………………………………………
Quando entrai e vidi che l’armadio era aperto, il mondo mi crollò addosso: la valigia era sparita. Tremavo tutto,
non so se per la paura oppure per la delusione a causa del tradimento da parte di una persona che credevo amica.
Telefonai a Mehmet.…………………………………………… Non potrò mai dimenticare quell’incontro. Appena mi vide cominciò a sudare
freddo, la mano gli tremava mentre stringeva la mia. “Guardami negli occhi” – gli dissi – “e senti bene ciò che sto
per dirti. Ormai l’errore lo hai fatto, io farò finta di niente, non lo dirò a nessuno, posso anche sforzarmi di
capire che la tentazione era forte, ma ti prego, anzi ti supplico, di riportare quella maledetta valigia dove
l’hai presa”.
………………………………………. il giorno dopo ricevetti una telefonata dall’Albania nella quale mi dicevano che non c’era più tempo:
dovevo riprendermi la roba oppure trovare i soldi per pagarla, altrimenti prima avrebbero fatto del male alla mia
famiglia e poi a me. Ero stressantissimo, minacciato sia da Mehmet sia dai boss della droga. Tutti mi volevano morto.
Andai da alcuni zingari serbi e comprai una pistola.
……………………………… decisi che avrei chiamato Astrit, visto che era stato lui a farmi conoscere Mehmet, gli chiesi di
farmelo incontrare. Prima dell’incontro, un altro ragazzo del nord dell’Albania fu messo al corrente di tutto, così
da fare in modo che tutto avvenisse secondo la tradizione del mio paese.
Domenica 30 settembre, Mehmet e Astrit entrarono a casa mia, mentre io e l’altro ragazzo li aspettavamo. Dopo esserci
salutati, ci siamo seduti attorno al tavolo. Io ho fatto uscire la pistola dalla mia tasca e l’ho appoggiata sopra
il tavolo ………………………………..
Sembrerà strano, ma il 10 ottobre 2007, quando fui arrestato, mi sembrò di togliermi un enorme peso dal cuore.
Appena cominciò l’interrogatorio, confessai. Per dieci ore il pubblico ministero ascoltò con attenzione quello che
dicevo e non saprò mai se mi ha veramente creduto……………
Anche se non era la prima volta che finivo in carcere, quando la volante della Polizia si fermò davanti all’enorme
portone d’ingresso del carcere di San Vittore, un brivido mi attraversò la schiena. Mentre lo attraversi, ti rendi
conto che da quel momento apparterrai a un mondo completamente diverso………………………………………………………...