SIAMO NOI, SIAMO IN TANTI
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
Rai Eri Viale Mazzini, 14 - 00195 Roma / Tutti i diritti riservati

Temporale
di Cosimo Rega

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Un boato lacerò il cielo, luci e televisori si spensero all’improvviso, e il carcere, come per un incantesimo, sprofondò nella quiete dell’oscurità.
“Pure quella mattina pioveva a dirotto” – borbottò Carlo – “e facevo meglio a stare a casa, nel mio letto”.
Mario s’incuriosì e chiese all’amico di proseguire, ma Carlo rimase in silenzio.
“Se non vuoi parlarne, a me va bene lo stesso”.
………………………………………… Carlo respirò l’ultima boccata di sigaretta e cominciò.
“L’ordine dettato dal boss era stato chiaro: sequestrare, torturare e interrogare tutti quelli che avevano deciso di lasciare il clan per mettersi contro l’organizzazione. Erano giorni di guerra. Si usciva presto da casa senza aver la certezza di tornarci. Si girava armati, a gruppi di quattro… Lucio, uno dei sospetti traditori, ce lo trovammo quasi improvvisamente a pochi metri da noi: faceva benzina. …………………………………….
………………….. “Lucio di me si fidava come ci si fida di un fratello. Non solo eravamo cresciuti insieme, ma insieme avevamo ucciso e rischiato la vita”.
……………………..lo tranquillizzai dicendogli che il boss aveva ordinato di riunire i rappresentanti di tutti i paesi e che lui doveva partecipare perché era il più quotato.
……………………………………………
“Il deposito” – continuò – “era in una zona isolata, in aperta campagna. Era recintato da mura alte più di tre metri che non permettevano di vedere all’interno. L’entrata era protetta da un grosso cancello di ferro verniciato di verde. Lucio ordinò al fratello di scendere e di suonare il campanello. ………………………………………………
“E loro?” chiese Mario.
“Loro… loro avevano l’espressione di chi aveva la coscienza sporca”.
“E la tua? Com’era la tua coscienza?”.
“Io? Che c’entro io? Erano loro che stavano tradendo. Io non ho mai tradito e mai sputato nel piatto dove mangio. Io stavo dalla parte della ragione”.
…………………………………
Finse di credergli, e Carlo continuò:………………………………
…. Gli piombarono addosso in dieci, armati di vanghe e pistole. Feci appena in tempo a scansarmi. Li colpirono sulle spalle, sulla testa, in faccia, sulle gambe…finché non caddero in terra. Sentivo le loro ossa cricchiare… sanguinavano dal naso, dalla testa...
……………….. Eravamo in quindici. Armati. Io ero nel furgone con i due sequestrati, e con me il gruppo di fuoco di un paese vicino al mio. Oltre alle armi si erano portati anche un martello, una sega circolare e una bottiglietta di veleno per i topi……………………….
A Mario tutta la storia gli puzzava di favola. Eppure sentiva nella voce di Carlo, nei suoi gesti, il tono della verità. Una verità di cui, a quel punto, voleva conoscere la fine.
……………………………………la voce di Carlo s’incrinò leggermente.
“Li trascinarono fino alla fossa. Io, con la scusa di guardare la strada, mi allontanai di alcuni metri. Ma i nostri sguardi s’incrociarono. Gli occhi di Lucio parevano grandi come quelli di un cavallo impazzito. ………………………………………………………………
Mario era immobile.
Carlo, il camorrista, seguitò a parlare:
“L’altro fratello non era un uomo d’azione, non era come noi… un po’ per volta vuotò il sacco… Gli promisero che se rispondeva senza mentire a tutte le domande, lo avrebbero lasciato davanti all’ospedale insieme al fratello. Era una balla, ma lui volle crederci: fece nomi e cognomi ……………………………………………………………………………
Nella cella calò il silenzio.

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