IL GIARDINO DI CEMENTO ARMATO
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
Rai Eri / Tutti i diritti riservati

Brani da racconto: Zero giorni
di Unknown

Sono l’asfalto di strade, il terreno sul campo di guerra, tutto ciò che cade, su questo fior di serra. Fisso solo questo finto cielo azzurro, dimenticandomi, che sono nato in terra. Sono nato nel giardino senza rose, il giardino di cemento armato, non puoi andare a naso, né star rilassato, non è doloroso, è che non c’è fiato. L’aria è di motori, ogni odore imbalsamato, e son pochi i colori: bianco spento ed un bel nero. Non resta la scelta, un fallimento dipinto o un finto guerriero.
Il mio quartiere non è il massimo. Sfido chiunque, cresciuto dove sono nato io, ad avere un modello di vita diverso da quello che c’era nell’aria.
Quando sei piccolo non ti accorgi di certe cose, non
le vedi nemmeno, e quando scopri che ti hanno già preso, sarà troppo tardi.
Gli eroi non esistono, e se esistono non sono positivi, quindi seguirò quello sbagliato, lo faccio in silenzio, finché non me ne accorgo.
Ho 13 anni, mi sono appena svegliato per le urla di mio padre. Dev’essere lunedì, il suo giorno libero, odio il lunedì. Suona anche la sveglia, la spengo subito per non disturbare mio fratello che sarà tornato non più di un’ora fa. Mi alzo a fatica, sorrido a chiunque incroci per casa, ma un urlo interiore mi chiude lo stomaco. Mi chiudo in bagno, mentre lo specchio mi fissa, sento mio padre uscire e sbattere la porta, come se non si fosse accorto di mia madre dietro di lui, pronta anche lei per uscire e andare a lavoro.
Finalmente solo, esco dal bagno, accendo la Tv e una sigaretta, a quest’ora c’è Heidi. Guardo fuori, diluvia, non so per quale delle due cose mi prende una piccola crisi e piango. Sono lacrime amare, vorrei spegnermi la cicca sulla mano per mischiarla al rosso del mio sangue.
[…]

Strana la vita, ti ritrovi a percorrere strade impossibili, sconosciute. Vai oltre il buio, ma non per la luce, cammini per una passeggiata con le tenebre. Sono qui, nell’oblio, immenso, più di un addio mai detto, perché non vedo? Io non sento, ma non cedo, anche se non mi credo, io mento, dietro cambiamenti, non mi pento, affogherò nei sentimenti, come dormiresti, se domani non esiste? 0 piangi, non resisti, stanco sì ma che aspetti? Cambia regole, tu sei il limite.
Ora sono a cento km da casa mia, e se fossero stati mille sarebbe stata la stessa cosa. Mi sento distante, perso, sto totalmente annegando nei miei pensieri.
Sono il figlio di mezza entità, per questo sono nato senza volto, non so chi sono, vivo in terza persona. Adoro gli occhi, ed essendo nato senza volto, quando guardo qualcuno, quello sguardo diventa il mio, per questo li amo. Non mi sento solo perché lo sono, sono solo perché lo sento, e lo capisco quando abbraccio qualcuno, perché abbraccio me stesso.
[…]

Viterbo:
Ho 16 anni, la sveglia suona. Ieri sera avevo la febbre, la misuro, ho 37,8. Mi alzo, chiunque incrocio per casa non sorrido, ho bisogno di non farlo. Bevo il caffè, ma non riesco a fumare una sigaretta, mi fa male la gola, questo mi rende davvero nervoso. Riprovo a dormire senza speranza.
Un vortice nello stomaco risucchia tutto ciò che penso, di positivo o di negativo, per un attimo non rimane nulla, mi sento un barattolo vuoto.
Fuori c’è il sole, esco sul balcone e mi sdraio appoggiandomi al muro, accendo una sigaretta dopo l’altra senza accorgermene. Ho un taglierino fra le mani, non mi taglierò mai le vene, ma la sicurezza di poterlo fare, a volte, mi tranquillizza. Non piango, ma mi spengo una sigaretta sulla mano. Sono assente, tre anni fa avrei atteso che il cielo si accorgesse di me, oggi, invece, arriva qualcuno, mi accorgo che era tanto che aspettavo qualcuno. Mi chiede come sto, una volta avrei simulato un sorriso, dicendo: “Tranquillo, è solo un momento”. Invece non è un momento, sono tre anni, o forse sedici, quindi non sorrido, mi sforzo e mastico qualche parola. Mi abbraccia, tengo le mani basse, ma giuro che è la prima volta che abbraccio qualcuno, per un attimo mi manca il fiato, nessuno sa quanto ho atteso. Non sto ridendo, ma per questo istante, credo di essere felice.
[…]

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