IL GIARDINO DI CEMENTO ARMATO
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
Rai Eri / Tutti i diritti riservati

Brani da racconto: Il ragazzo col cappotto
di Cosimo Rega

All’improvviso la sezione del reparto si animò. Ero incuriosito, aspettai l’apertura della cella. Immobile, al centro del corridoio, sorvegliato dallo sguardo attento di un agente, un ragazzo col cappotto chiaro fissava le sbarre del finestrone fasciate da una vecchia rete metallica.
Era un nuovo giunto. Immaginai la sua età. Poco più di trent’anni, ma i capelli e la barba neri come la pece potevano ingannarmi. Il cappotto, di taglia troppo grande per lui, gli dava l’aspetto di uno squilibrato.
Sarà un terrorista arabo, pensai, mentre continuavo a osservarlo.
“È un mattarello, viene dal manicomio di Barcellona” disse uno lungo il tragitto che conduceva all’aria.
[…]

Lo trovai immobile, al centro della stanza, a fissare un punto sulla parete. Cercai di smuoverlo, fissandolo. Niente. Gli chiesi il nome, nemmeno rispose. Provai allora con tono gentile a offrirgli un caffè. Finalmente volse lo sguardo verso di me e con un cenno del capo acconsentì.
L’aroma del caffè stava cominciando a gratificare il mio olfatto, quando delle urla e passi pesanti di anfibi m’indussero a sporgermi oltre le sbarre. Alcuni agenti si stavano dirigendo di fretta verso una cella da cui fuoriusciva un fumo denso e acre che stava impregnando l’aria dell’intero corridoio. Era la cella del nuovo giunto.
Mi precipitai preoccupato. Il ragazzo col cappotto con dei vecchi giornali aveva appiccato il fuoco accanto al materasso di spugna. Ansimanti e inferociti, gli agenti cercavano di ridurre i danni con due estintori mentre inveivano contro di lui e lo spintonavano. Il ragazzo se ne stava fermo, inerme, con lo sguardo perso nel vuoto. Sospettai che a un tratto avrebbe avuto una reazione violenta, invece iniziò a piangere come un bambino. “Ho freddo” disse, giustificandosi.
Forte dei miei lunghi anni trascorsi in quel reparto e di una rispettosa comunicazione creata con gli stessi agenti, cercai di placare gli animi e poiché si era fatta l’ora della socialità, invitai di nuovo il ragazzo a prendere il caffè. Uno degli agenti mi guardò perplesso. “Ne sei proprio convinto?” pareva volesse dirmi. Lo rassicurai.
I pochi metri quadrati e l’odore che trasudava dalle pareti della mia cella, cui ero ormai abituato, sembrarono all’improvviso alterati. Avvertii uno strano rischio alle mie abitudini.
Il ragazzo pareva posseduto da forze malefiche, sobbalzava continuamente dallo sgabello dov’era seduto e con brevi scatti percorreva l’intero spazio, fino al cancello. Poi ritornava a sedersi con la stessa irruenza. Sudava terribilmente alle mani e con gesti disarticolati afferrava uno dopo l’altro dei tovaglioli di carta per asciugarsele. Cercai di metterlo a suo agio offrendogli una tovaglia, mi guardò con una tale tenerezza che dubitai appartenesse a quegli occhi.
[…]

Promotori

medaglia del presidente della repubblica

sponsor tecnici