Introduzione - Di Antonella Bolelli Ferrera

“Anche se non sono arrivato in finale, sono felicissimo di aver partecipato. L’arricchimento per me è stato davvero importante”.

Mi si stringe lo stomaco, quando giunge la lettera di Massimiliano. Non ha secondi fini, vuole soltanto dirmi grazie.

Mi affretto a rileggere il suo racconto, che non ce l’ha fatta a classificarsi fra quelli finalisti del Premio Goliarda Sapienza. Parla di un latitante, la storia ci sarebbe, ma poi si è un po’ perso.

Quello che mi stupisce sono i progressi che ha fatto da quando alcuni mesi prima ha iniziato a frequentare eWriting, l’arte dello scrivere, il laboratorio di scrittura in e-learning che ha coinvolto sessanta persone ristrette in carceri diverse. Ascoltare i consigli dei tanti scrittori che hanno partecipato al progetto, poter colloquiare con loro, ha rappresentato uno stimolo, ha fatto scattare in lui la scintilla.

Non si può parlare dei racconti di questa antologia senza dire di ciò che ci sta dietro, delle persone. Sono donne e uomini che si sono calati nei panni dello scrittore, affrontando la lettura di testi, ascoltando lezioni, partecipando a chiacchierate letterarie, tessendo di giorno in giorno la trama dei loro racconti.

I più avvantaggiati sono stati i detenuti di lungo corso, perché i molti anni di carcerazione e la prospettiva di tornare chissà quando in libertà li hanno avvicinati da tempo alla lettura, primo indispensabile passo verso la scrittura. Nei loro scritti si percepisce una certa maestria nel costruire l’intreccio, nel prendere spunto dal proprio passato per inventarsi personaggi nuovi, mai scontati. Come S., ergastolano fine pena mai. Proprio così, mai. Durante un colloquio, ho saputo che, quando entrò in carcere ancora ventenne, il suo livello scolastico era poco più che elementare. Oggi ama gli scrittori russi ed è stato il trascinatore del gruppo Alta Sicurezza di Saluzzo durante l’attività di laboratorio. In attesa di ogni nuova lezione, era lui che dispensava consigli ai colleghi meno esperti. Il suo racconto di mafia in una Palermo assolata, racchiude un mistero che tiene con il fiato sospeso.

La vena letteraria qualcuno ce l’ha innata, come E., giovane autore di una intrepida storia raccontata al femminile.

C’è invece chi partiva da zero. “È il primo che leggo” rivela candidamente qualcuno alle prese con uno dei tanti libri che abbiamo fatto giungere ai gruppi di partecipanti, ma è un passo da gigante per chi, ancora bambino, riceveva in dono una pistola vera anziché un giocattolo. Chi proveniva da quei contesti è stato tentato più di altri di trarre spunto dalla propria vita, vicende criminali comprese, e alcuni racconti trasudano verità.

Sono pieni di azione quello della caccia all’infame che ha “venduto” un compagno di sezione; dell’hashish trasportato a dorso d’asino lungo un dirupo scosceso; del ragazzino che, condotto in una zona remota dell’Aspromonte, è costretto a uccidere: “Bravu ora si ciù omu” gli dice il padre, soddisfatto.

Trova spazio anche l’introspezione nella sezione di isolamento di un carcere dove sono rinchiusi sei pazzi e l’immancabile antagonista, la guardia; o nel sogno che, come in un girone dantesco, dovrebbe condurre il protagonista verso la luce, per poi scoprire che invece per lui non c’è redenzione.

Spicca per originalità il racconto di fantascienza dove s’immagina un futuro nel quale emozionarsi è proibito.

C’è amore sconfinato per la madre nel cuore di Cristian, al punto di uccidere per salvarla dalla violenza del padre. Amore negli occhi tristi di Aisha, che incontra in Italia il suo Mosè, migrante come lei. C’è desiderio nelle fantasie di Giancarlo, prossimo al primo permesso premio.

Dei quindici racconti di questa antologia, tre sono storie di donne scritte da donne: crude, dirette, dolorose. Giorgia, alle prese con alcool e sballi come interesse primario della sua giovane vita, scopre d’un tratto che di questo si può anche morire. Patrizia non desidera altro che uccidere il padre adottivo e mette a punto un piano, pregustando l’esito finale. Le cose, però, non andranno come aveva pensato. Tradimento, prostituzione, brutalità, persino lo stupro subito dal branco, sono il leitmotiv della storia narrata come un flusso di coscienza da Filomena, una delle tante donne che ogni giorno subiscono violenze. Spesso, fino a soccombere. Eppure, in tanta miseria, emerge ancora un filo di speranza.

Grazie a Cinzia Tani, che per quindici settimane è stata l’editor del laboratorio eWriting, e a Maria Pia Ammirati, Gianrico Carofiglio, Pino Corrias, Serena Dandini, Erri De Luca, Paolo Di Paolo, Nicola Lagioia, Dacia Maraini, Massimo Lugli, Antonio Pascale, Romana Petri, Federico Moccia, Mariacarmela Leto, Andrea Purgatori, Marcello Simoni, che si sono alternati negli incontri letterari, sessanta persone, dalle carceri, hanno portato a termine il lavoro di scrittura. Poi si è passati al Premio Goliarda Sapienza e come in ogni concorso che si rispetti, è stata necessaria una selezione (molto sofferta) per scegliere i racconti finalisti. Ecco i migliori.

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