MALA VITA
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
Rai Eri Viale Mazzini, 14 - 00195 Roma / Tutti i diritti riservati

Alla ricerca del vento
di Paola Francesca Iozzi

[…]
C'eravamo fermate per prendere un caffè e rinfrescarci. Eravamo in viaggio da un po’ e il posto sembrava innocuo, piuttosto vuoto, e sarebbe rimasto indifferente alla nostra presenza. Appoggiata al bancone, guardo la macchina parcheggiata nello spiazzo. La nostra è l’unica. Ce ne sono un paio, ma si vedono appena, parcheggiate al lato dell'edificio. Una volante dei carabinieri arriva lungo la strada, rallenta, svolta ed entra nel piazzale. Sono in due. Scendono. Uno rimane accanto allo sportello aperto. Parla alla radio.
Ho caldo.
L’altro si guarda intorno, si ferma sulla macchina a fianco: la nostra. Comincia a ispezionarla: il parabrezza, la targa, dà un paio di calci alle gomme, dal finestrino aperto infila la testa e spia dentro. Si volta verso il collega, quello posa la radio, parlano. S’infila un dito tra il gozzo e la camicia stretta. Gira il capoccione con una smorfia d’insofferenza. Si raddrizza in una specie d’attenti, incrocia le mani sotto la pancia gonfia, guarda a destra, a sinistra, poi fa cenno al collega di entrare.
[…]

Non mi sento tranquilla. Che sia una trappola? Ma perché? Eppure nessuno ci ha chiamate qui e la macchina non è neppure rubata. Che ci seguissero? Me ne sarei accorta. Credo. Si avvicina al bancone. Ci sono solo io in piedi che aspetto il caffè. Lea è ancora in bagno. Il vecchio mi guarda divertito. Che c’entri anche lui? È stato lui ad avvisarli? O la signora grassa che a bassa voce discorre agitata all’orecchio del barista? Non ho detto a nessuno che me ne sarei andata, nessuno conosce la mia strada. Che Lea abbia commesso un’imprudenza? O sono stata io? Non sarei dovuta andare dai miei prima di partire.
[…]

«Signorina … signorina? Sembra pallida … tutto bene?».
L’uomo in divisa è a un palmo da me, mi guarda, mi afferra per un braccio. Scatto. Mi libero dalla presa.
«Tutto bene?»
[…]

«Sembra pallida».
Dove vuole arrivare? Cosa vuole? Un passo falso? Arrestarmi? Non ha controllato dove fosse Lea. Mi crede sola? Comincio ad avere qualche dubbio sulle sue intenzioni. Se avesse avuto l’ordine di arrestarmi lo avrebbe fatto.
«È il caldo. Cali di pressione». Il cuore sta per saltarmi fuori dal petto, e l’aria invece non entra.
«È sua la macchina qua fuori?».
[…]

Il sangue mi si gela nelle vene, mi paralizza l’idea di tradirmi. Sento i miei occhi spalancati fissi sulla faccia di quel carabiniere e mi sorprende vedere una faccia da uomo.
Continuo a parlare, non riesco a sentirlo, mi concentro per fingere qualcosa che possa essere scambiato per rispetto o pudore.
La porta alle mie spalle si apre. È Lea che esce dal bagno, mi volto e la vedo impallidire. Balbetta qualcosa. Non capisce cosa sta succedendo. In realtà neanche io.
«Stai meglio? Sei ancora pallida. Va in macchina, ora arrivo».
Mi passa accanto, piccola e confusa, gli occhi sbarrati. Sulla porta vede l’altro carabiniere di piantone accanto all’auto.
[…]

«Beva, le si fredda».
Non lo ha interessato la mia distrazione.
«Il caffè lasci, glielo offro io». Provo a fare un sorriso. Ci riesco. Lo so perché la nausea mi stringe la gola. È un caffè cui ci si può piegare solo in differita: non nei cortei, non durante un arresto, un interrogatorio, un pestaggio, un pedinamento, un omicidio, il funerale di un compagno.
Poco dopo ero di nuovo in macchina.
Lea non parlava, guardava fuori dal finestrino e sentiva che ero nervosa, arrabbiata. Preferivo che fossimo al sicuro, prima di parlare e raccontarle cosa era successo. In silenzio guidavo e tenevo d’occhio lo specchietto. Volevo essere sicura che nessuno ci seguisse.
[…]

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