VOLETE SAPERE CHI SONO IO?
Racconti dal carcere

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
Rai Eri Viale Mazzini, 14 - 00195 Roma / Tutti i diritti riservati

Non so più se ricordo
di Davide Mesfun

(…)
Davide in un certo senso si sentiva la “pecora Dolly” di suo padre. Il suo clone. E ne andava spudoratamente fiero. Il suo aspetto assomigliava sempre più a quello di suo padre: il taglio degli occhi, i capelli neri ricci, la carnagione olivastra, l’altezza, persino l’espressione del viso e il modo di gesticolare con le mani.
D’un tratto però la sua famiglia fu scossa da un violento tsunami. Una mattina di giugno (un mese che segnerà spesso la sua vita), dalla finestra della camera dove dormiva con i suoi fratelli, un forte rumore interruppe la quiete. Entrarono prepotentemente una ventina di persone incappucciate, pistola alla mano. Davide era già sveglio, e per paura tentò una fuga in camera di suo padre. Tentativo inutile e doloroso: fu fermato con un calcio nei reni.
Quelle persone incappucciate erano i Falchi della squadra antidroga, e stavano arrestando Luciano per traffico internazionale di cocaina.
Da quel giorno Davide rivide Luciano solo durante sporadiche visite in carcere. Davide perse il suo eroe, e quella lontananza, per un trasferimento in un carcere della Sardegna, e i problemi economici legati anche alla possibilità di vedersi segnarono un punto da cui non avrebbe mai fatto ritorno. Da lì a poco morì anche sua nonna, punto di riferimento per tutta la sua famiglia.
Per Davide sembrava non avere senso più niente, la sua famiglia senza il suo idolo gli stava stretta, e persino una città come Napoli gli stava stretta. Così partì, lasciandosi tutto alle spalle. La sua meta era Roma.
(…)
Istruzioni per l’uso di San Vittore
Benvenuti a S. Vincent, dove ti fermi e non vai avanti,
Quattro mura fatiscenti, e il primo impatto con tre agenti,
Quattro foto e “dammi l’impronda”, poi “fatti il sacco e vai in rotonda”,
Dopo visita ben accurata, infilano in una cella ben affollata,
Un po’ di caffè, ’na sigarett’, e comincia la tua disdett’,
Quattro compagni in uno stanzone, complimenti è iniziata la tua detenzione.
(…)
Tutti pensano che una persona, finita in carcere, abbia uno shock che funzioni da deterrente. Forse è così, ma non lo fu per lui. Davide in quei mesi in carcere aveva stretto delle amicizie che gli davano molta autonomia d’azione a Milano, e il fatto che fosse stato “dentro” era solo una tacca in più, qualcosa di cui vantarsi, qualcosa che lo faceva sentire un “duro”.
(…)
Il tempo scorreva senza avere nessuna funzione, con tutte le problematiche che comporta un condominio superaffollato, con tutti i suoi colori, subendo anche le tonalità più grigie, e affrontando le conseguenze del personaggio che si era creato nel suo microcosmo. I suoi magoni erano attutiti dalla possibilità di lavorare; diventando il cuoco del carcere usufruiva di un minimo di autonomia, di un posto di valore nella gerarchia dei lavoranti detenuti, e nello stesso tempo passò nella sezione di San Vittore chiamata “Nave”, un’area sperimentale per tossicodipendenti...

Promotori

medaglia del presidente della repubblica

sponsor tecnici