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Racconti dal carcere
In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
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Notte da ergastolano
di Carmelo Musumeci
Oggi è scattato l’orario invernale e ci hanno chiuso il blindato alle diciannove invece che alle ventidue: appena sentiamo il rumore del primo blindato ci affacciamo
tutti ai cancelli per scambiarci la buonanotte e per un attimo sembra di essere allo stadio fra le urla e le grida che ci mandiamo dalle celle più lontane.
Subito dopo che chiudono il mio blindato mi guardo attorno e non so cosa fare, questa sera non c’è nulla da vedere alla televisione e non ho neppure voglia di leggere.
E chissà perché sorrido pensando al rito stupido della buonanotte che ci scambiamo tutte le sere, in particolar modo con il compagno che sta di fronte a me, pure lui
ergastolano. Che buona notte mai potrà essere... la nostra, semmai, potrà essere una notte eterna, ma non certo buona.
(…)
È facile, basta prendere un lenzuolo, tagliarlo, farci delle corde, legarlo alle sbarre... hai la libertà a portata di mano, o meglio, di collo. Il mondo là fuori per
te è morto, ti è rimasto solo l’aldilà.
(…)
Accendo la radio e, combinazione del destino, stanno trasmettendo una canzone triste di Fabrizio De André: “Quando hanno aperto la cella era già tardi perché con una
corda al collo freddo pendeva Michè... tutte le volte che un gallo sento cantar penserò a quella notte in prigione quando Michè s’impiccò... però adesso che lui s’è
impiccato la porta gli devono aprir...”.
Penso a tutte le notti inutili che ci saranno come questa e rifletto che la mia vita in questo mondo è finita, posso solo provare a vivere nell’altro mondo. Cicerone
diceva: «Se ci sei tu non ci sarà la morte, quando invece ci sarà la morte non ci sarai tu». Quindi come farei a vivere nell’altro mondo se non credo che esiste
l’aldilà...
(…)
Vigliacco, ma che stai facendo? Pensi a mangiare? Non hai le palle, fai questa cazzo di corda e mettitela al collo, ci leviamo il pensiero e ce ne andiamo, non mi dire
che preferisci vivere anni e anni dentro una gabbia che volare in cielo, vedere le stelle...
Che male c’è andarsene nell’aldilà a stomaco pieno...
Prendo una decina di pomodorini, uno spicchio d’aglio, li cuocio dieci minuti, poi aggiungo olio d’oliva e basilico, e mentre rimetto il resto del basilico sulla finestra
mi viene in mente che se domani non ci sono è meglio che lo consumi tutto.
L’acqua bolle, mentre sto mettendo il solito etto di spaghetti penso che nell’aldilà non c’è bisogno che mantenga la linea e ne calo due etti.
(…)
Non è che stai facendo tutta questa sceneggiata per trovare la scusa di mangiare più delle altre sere?
(…)
Questa notte il dolore è più forte delle altre notti.
Sì, sono pronto: mi convinco che questa notte mi sento così triste come non sono mai stato, lego la corda alle sbarre della finestra, salgo sullo sgabello, mi metto
il cappio al collo... e penso alla mia famiglia.
(…)
Vivranno meglio, non ti preoccupare.
(…)
Suicidarsi è peccato!
Ora non trovare stupide scuse, ti ricordo che sei ateo e che non credi in Dio.
Sì, ma metti il caso che esiste?
Be’! Se è buono come dicono ti perdonerà e ti manderà in paradiso. Un grande filosofo ha scritto che sicuramente l’inferno è vuoto perché Dio è così buono che non ci
terrà dentro nessuno.
Non vorrei, con il culo che ho, che iniziasse con me, scapperei da un inferno per entrarne in un altro.