SIAMO NOI, SIAMO IN TANTI
Racconti dal carcere
a cura di Antonella Bolelli Ferrera

In rosso sono segnalati i vincitori del premio letterario goliarda sapienza “racconti dal carcere”
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Abbraccerai me!
di Salvatore Ventura

…………………. Ero detenuto in un carcere della Sicilia, in isolamento. Avevo da poco iniziato a collaborare con la giustizia, mettendomi a disposizione della magistratura……………
Mia moglie era stata avvertita, si fece trovare pronta con le valigie fatte e i bambini vestiti. I Carabinieri suonarono alla porta alle cinque del mattino………………………………………
A distanza di 20 anni, il salto della staccionata mi poneva di fronte a una scelta di cambiamento totale. Chiusi gli occhi, fantasticai sul¬lo stupore che avrei suscitato nei miei familiari quando mi avessero visto.
Stavamo fermi al semaforo, un rumeno insisteva per pulire i vetri. Scattò il verde e ripartimmo. Arrivammo in una zona residenziale di Roma. Sceso dalla macchina, mi sgranchii le gambe, presi la borsa e m’incamminai dietro la scorta, mentre la sera calava sulla città.
Il portone del piccolo palazzo era aperto. Entrammo. Non c’era ascensore. Salimmo tre rampe di scale che ci tolsero il fiato. Ci fermammo davanti a una por¬ta. Sul campanello vidi un nome che non conoscevo. Il funzionario notò il mio stupore, suonò il campanello e disse: “Signor Ventura, ci si deve abituare, questo è il vostro nome di copertura.” ………………………….
Il funzionario aprì la borsa, tirò fuori dei documenti e iniziò a leggere velocemente. Era stanco quanto me. Alla fine della lettura disse: “Questi sono i punti sa¬lienti del programma di protezione. Lei li deve rispettare”. Mi porse la biro indicandomi dove firmare.
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Dopo cena i nostri figli andarono a dormire. Eravamo da soli in cucina. Le porsi la mano, invitandola ad alzarsi. La pila di pentole sul lavandino poteva attendere. Andammo in camera da letto, senza accendere la luce. C’era caldo quella notte d’inizio estate. Al contatto i nostri corpi sudati esaltavano ancora di più quel momento.
…………………………
Adattarsi al cambiamento non era facile. Dovevamo fare i conti con la realtà. Avevamo un bud¬get mensile di un milione di lire. Trovai subito difficoltà con le spese. Avevo le mani bucate. Nel mondo dal quale provenivo io, i soldi, quando servivano, si trovavano sempre. …………………………
Faceva un caldo tremendo quel giorno di Ferragosto del 1996..………………………
Le dissi: “Sto pensando al giorno che ci siamo conosciuti. Suonai alla porta per incontrare tuo padre, tu apristi, ricordo che rimasi lì fisso come un baccalà, il mio cuore sembrava impazzito. Pensai subito: questa la sposo”.
“Anch’io rimasi lì come una scema. Eri bello, elegante. Ricordi mio padre che disse? Lilla, cu è a potta?”.
“Sì, lo ricordo, sembra ieri, come ricordo che la settimana successiva ti dissi: dumani e cincu ti vegnu a pigghiari, chi ni facemu a fuitina. Dissi a mio padre che scendevo a comprare le sigarette, era il 28 dicembre 1980, avevo quindici anni e tu diciassette. Da quel momento hai trascorso più anni in carcere che con me”.
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L’anno della svolta fu il gennaio del 2007. Ore 15:30, stavo seduto con Lilla sul divano, aspettavamo i funzionari del Nop (Nucleo operativo pentiti) ……………………………
Sapevamo che prima o poi si doveva affrontare quel momento. Ci concedevano tempo fino alla fine dell’anno scolastico, poi avremmo dovuto fir¬mare la fuoriuscita dal programma di protezione, lasciare libero l’appartamento, trovarci una casa, nonché una nuova residenza. Quando andarono via, spro¬fondai sul divano…………………………
Percorrevo la stradina in discesa che portava alla nuova casa. Gli alberi secolari creavano ombra e i raggi di sole non riuscivano a tagliarli. Il giardino non era re¬cintato. Al centro c’era un nobile vecchio pozzo in disuso. Entrando ci accolse la grande sala da pranzo. Stranamente, nonostante il caldo, lì faceva fresco, quasi freddo.……………………………

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